Il libro impegnativo curato da Christiane Liermann richiama la necessità di ripensare la costruzione europea sulla base delle sfide che abbiamo di fronte: i conflitti armati dentro al continente europeo e alle sue porte, certamente, ma anche le sfide legate alla crisi economica e alla equità fiscale, i rischi della democrazia digitale e della disinformazione giornalistica, le relazioni diplomatiche come pure le potenzialità che possono essere sviluppate a partire dai rapporti tra gli enti locali.
Il libro osserva la “costruzione” europea attraverso le relazioni tra Italia e Germania e proprio per questo riesce a cogliere uno dei dati di fondo dell’integrazione europea: il processo di integrazione europea si è sviluppato sulla base di un progetto unitario complessivo, ma anche attraverso la fitta rete di relazioni tra le diverse componenti nazionali che costituiscono l’Europa. Queste due dimensioni – quella verticale dell’integrazione continentale e quella orizzontale dei rapporti transnazionali – queste due dimensioni rappresentano la struttura portante della costruzione europea, come il ponteggio rappresentato nell’immagine di copertina del libro.
Le metafore che costellano il libro sono il segnale della difficoltà di definire con precisione il “cantiere Europa”, ma anche le molte questioni emerse durante la lunga fase di avvio dell’integrazione europea, il significato attuale dell’edificio europeo e le domande che interrogano il futuro della costruzione comunitaria.
La chiave di lettura scelta dal libro è di osservare le relazioni italo-tedesche per capire verso dove sta soffiando il vento dell’Europa. Le metafore aiutano a cogliere il sentimento del rapporto tra Italia e Germania e a capire così gli umori dello spazio europeo. Come suggerisce Fernando D’Aniello, negli ultimi anni è maturata una «alienazione strisciante» tra Italia e Germania, anzi una «più o meno consapevole separazione consensuale» (p. 97). Negli anni più recenti, per l’opinione pubblica italiana la Germania è passata da essere la «locomotiva» (p. 89) dell’economia europea a essere un «gigante apparente» (p. 85), mentre le non benevoli rappresentazioni tedesche dell’Italia richiamano spesso stereotipi che hanno radici nella storia dei rapporti tra i due paesi. Italiani-italiane e tedeschi-tedesche, sono vicini ma estranei, amici distanti, fratelli e sorelle – forse – ma differenti. La questione è come trasformare l’estraneità in vicinanza e come le diversità possano coesistere, nonostante la distanza.
Le metafore, proprio per la loro capacità di suggestione, possono alimentare sentimenti di partecipazione emotiva e quella “passione per l’Europa” indispensabile per mettersi all’opera nel cantiere. Ma le metafore, se maneggiate con scarsa accortezza, possono nascondere facilmente al loro interno pregiudizi che hanno pochi o nessun riferimento con la realtà. Come insegna Marc Bloch nel suo libro dedicato alle false notizie di guerra, quelle che oggi abitualmente chiamiamo fake news si diffondono rapidamente quando trovano un contesto favorevole e disposto a credere vere quelle falsità.
Il libro Cantiere Europa esamina questi pregiudizi, li mette a confronto con la realtà e segnala le trappole (ecco un’altra metafora) dove più facilmente possono precipitare i rapporti tra i diversi paesi del continente e la stessa costruzione europea. Per questo motivo, Cantiere Europa è un libro “politico”, nel senso pieno del termine. Apre spazi di dibattito realmente europeo che le classi politiche dovrebbero più assiduamente frequentare, come pure i mass media e gli ambienti intellettuali. Scambiarsi opinioni in quanto europei ed europee è questione che riguarda la creazione di uno spazio pubblico europeo che però comprende e supera la politica, i media e l’intellettualità. Come si costruiscono luoghi di dibattito pubblico europeo e quindi come si alimentano processi politici democratici europei è “la” questione “politica” centrale. Come sottolinea Amélie Baasner nel suo saggio, «Quello di cui c’è bisogno è […] una sfera pubblica europea che si organizzi tra quelle nazionali e diventi parte dei dibattiti nazionali» (p. 23).
Il dialogo europeo a partire dalla prospettiva italo-tedesca richiede in questo momento un passo ulteriore, uno sforzo che appare insensato in un tempo dove populismo, xenofobia e razzismo (i nomi vecchi e nuovi del nazionalismo) riempiono i discorsi di una parte dell’opinione pubblica, non soltanto in Italia e in Germania. Affermare che bisogna costruire l’Europa in funzione sembra un paradosso, ma è necessario ripeterlo, ascoltando i dibattiti e soprattutto osservando la mancanza di dibattito sull’Europa in vista delle prossime elezioni.
Per concludere, è necessario andare oltre le semplificazioni di letture che riducono i rapporti tra Italia e Germania a un bilateralismo chiuso in sé stesso, come emerge anche dal saggio di Christoph Cornelissen che invita a rompere gli schemi «di un bipolarismo italo-tedesco per fare invece più luce sui processi di europeizzazione e globalizzazione (p. 86). Costruire l’Europa in funzione del pianeta è l’urgenza del tempo presente: un dibattito europeo su tali questioni contribuirebbe se non alla soluzione dei problemi, certamente alla più esatta comprensione delle sfide che ci stanno di fronte. Anche in questo caso, il «caleidoscopio di opinioni» (p. 11) richiamato da Christiane Liermann nella sua introduzione, aiuterebbe non soltanto a illuminare il presente italo-tedesco, ma anche a dare qualche luce di speranza rispetto al futuro del pianeta.