di Matteo Scotto
"Da tempo in Europa assistiamo a un ritrovato protagonismo degli Stati nei processi decisionali che regolano l’Unione Europea. Leggiamo tutti i giorni di confronti anche molto accesi tra Paesi o gruppi di Paesi per il difficile raggiungimento di compromessi a livello europeo. Si pensi, ad esempio, alla recente disputa tra Italia e Francia sui migranti, alla contrapposizione tra i Paesi del Nord e del Sud Europa sulle politiche monetarie e fiscali o, ancora, al complesso rapporto dell’Unione con alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale in materia di diritti. Tale dinamica ha riportato alla luce categorie politiche a lungo rimaste custodite nei soli manuali di politologia: populismo, sovranismo, nazionalismo. Ognuno di questi termini è oggi recuperato e utilizzato nelle accezioni più diverse, a tratti confuse e distanti dalle definizioni originarie. Eppure, al di là del naturale riadattamento dei loro significati agli attuali contesti politici e sociali, nel quadro dell’Ue il richiamo al sovranismo o al nazionalismo rimanda spesso al tentativo di uno Stato membro d’anteporre deliberatamente, almeno sulla carta, i propri interessi nazionali al più nobile e comune interesse europeo. In una rappresentazione fuorviante e semplicistica della democrazia in Europa, pare che gli Stati si siano d’improvviso risvegliati da un lungo sonno, dopo essere stati amabilmente cullati da un’entità terza – l’Unione Europea, unica in grado di tenerne a bada gli istinti irrefrenabili."
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